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SAPORI DAL VENETO, LA FOCACCIA PASQUALE

by 4:04 PM






Io sono una pasticciona in cucina.
So cucinare eh, non confondo il sale con lo zucchero, impasto pizze, ma soprattutto amo fare i dolci.
Alcuni sono esperimenti che fortunatamente non hanno mai ucciso nessuno, altri sono presi passo passo da uno dei milioni di libri di ricette che ho in casa.
Capita però che non sempre tutte le ciambelle mi riescano col buco, cioè faccio disastri culinari: il lievito non ha lievitato, apro il forno e la torta si sgonfia, mi si brucicchia la parte sotto o sopra del dolce.
Sembra una cosa buffa, ma vi assicuro che non lo è se il dolce non riesce, e le uova in frigo sono finite e gli ospiti sono in arrivo.

In questi giorni sto pensando a cosa portare al pranzo pasquale da mia mamma, che per farvi capire... sta già facendo la spesa per l'occasione.
Mia madre è una super cuoca, cucina ancora con la stufa a legna, e mescola sapori incredibili, raccoglie le erbette dai campi, confeziona marmellate...insomma per me andare a mangiare da lei è sempre una festa.
Io sono l'addetta al dolce, un po' perché nessuno lo vuole fare, un po' perché ogni tanto qualcuno me ne esce veramente bene.
Responsabilità e ansia da prestazione!


In questi giorni però ho scoperto un dolce che nasce nella mia regione, nella storica azienda Fraccaro nata nel 1932 come panificio a Castelfranco Veneto in provincia di Treviso, e poi cresciuta con la passione per i dolci, focacce e panettoni.
Tutto viene ancora fatto con ingredienti genuini in modo artigianale, utilizzando per i prodotti il lievito madre che rende i dolci più digeribili, fragranti, soffici e profumati.
Lo immaginate il profumo di buono che aleggia nell'aria in questa azienda?
Ho avuto il piacere di assaggiare la Focaccia, quella che noi veneti chiamiamo "fugassa" un tipico dolce pasquale della cucina povera di origini Veronesi, e devo dire che tutte le caratteristiche sopra dette si sono a me rivelate e confermate aprendo la confezione.
Ingredienti semplici, uova burro e zucchero che amalgamati alla farina e al lievito hanno dato in passato come ai giorni nostri origine ad un dolce dal sapore unico.


Che dite la porto al pranzo Pasquale da mia mamma?
E la produzione non finisce con la Pasqua, ma viene prodotta durante tutto l'anno, direi che mi ha conquistata!



Post scritto in collaborazione con Fraccaro Spumadoro






IL RAGÙ: NORD VS SUD

by 5:05 PM




Questo post è nato tra le chiacchiere e un piatto di pasta fatto rigorosamente con la salsa di "giù" dal sapore inconfondibile, durante le feste di Natale.
Una secolare diatriba tra le usanze che uniscono il nord al sud.

Un post scritto a quattro mani, un breve viaggio tra due culture fatte di differenti tradizioni, ma unite dallo stesso amore per la cucina.
Il mio ragù del nord e quello raccontato da chi il sud lo conosce bene.

Il mio ragù qui al nord...
Profuma di domeniche passate in famiglia. La carne macinata, la cipolla, il sedano e le carote. Mia mamma ci aggiungeva anche un po’ di cannella, ed il ragù era una festa eccezionale.
Non ricordo bene quando è successo, ma me ne sono innamorata: il suo profumo mentre sobbolle per ore a fiamma bassa, o meglio sopra la stufa a legna che riempie di calore le giornate invernali.
Non può esistere una vita senza ragù, qui al nord è un’istituzione, un piatto da salvare in caso di incendio, una ricetta da tramandare di generazione in generazione, con il segreto acquisito, un po’ come la ricetta della coca cola, che non si deve 
dire a nessuno.
Al sud mica lo sanno fare il ragù, non come lo intendiamo qui al nord. La mia prima volta volevo ridere, poi lo so, sarei stata scortese e bannata dalla tavola, ma mica si può chiamare ragù un pezzo di carne di incerte dimensioni che “pippia” (gergo di giù) per ore affogato nella conserva di pomodoro (ops la salsa). Ma quando dico per ore, le ore sono veramente tante, tanto da essere la prima cosa che finisce sul fornello la mattina…ancora prima del caffè, e l’ultima che viene tolta la sera.
Sul risultato del sugo non ho nulla da dire, ragazzi al sud è tutto più gustosamente buono, ma non chiamatemelo ragù!!!!
Chiamatelo pezzodicarnechesicucinaperorefinoadinsaporirelasalsa.
Uhhh la salsa, un’eresia chiamarla conserva di pomodoro…e che è la conserva? Si chiama salsa per antonomasia, non azzardarti a trovare altri nomignoli!
Ci si scherza eh...io adoro il sud Italia!



Il mio ragù del sud invece, precisamente nel Beneventano... 
Quando penso ad una pasta al ragù, non penso alla pasta, ma alla cucina della casa di mia nonna, dove trascorrevo qualche settimana durante le vacanze estive. Quando mi alzavo la mattina e andavo a fare colazione, verso le nove, lei già girava per i fornelli per preparare il pranzo con il suo grembiule a fiori (ricordo sempre quel grembiule, con gli stessi disegni, forse ne aveva tanti tutti uguali!). E mangiavo il latte con i biscotti mentre il il ragù iniziava a cuocere. La guardavo preparare il soffritto e poi mettere la passata rigorosamente fatta in casa, e sciacquare con cura il "boccaccio" per non perdere una goccia di pomodoro. Dopo poco aggiungeva un grosso pezzo di carne, non troppo magro perché se no non viene buono, ma nemmeno troppo grasso, che il gusto poi si guasta, facendo attenzione che la carne fosse interamente immersa nel pomodoro. E così iniziava l'attesa, perché poi quel ragù doveva cucinare tutta la mattina. Eh, sì, il sugo deve pippiare, se no non è ragù. La nonna lo lasciava andare per ore, e ogni tanto gli dava una mescolata, controllando che si formasse la schiumetta chiara sopra. Altro rito importante era cacciar via i nipoti che si aggiravano minacciosi con una fetta di pane in mano durante la cottura. Verso mezzogiorno era finalmente pronto, ed era lei a raggiungerci con una fetta di pane col sugo sopra, una per bambino: ci chiedeva inutilmente se il ragù era buono, sapendo che le avremmo dato soddisfazione.
Ecco, ogni volta che qualcuno mi nomina una pasta al ragù rivedo interamente questa scena, che poi ho rivissuto innumerevoli volte nella cucina di mia madre, e in parte rivivo oggi nella cucina di casa mia. Certo, per mangiare un ragù alla maniera del Sud preferisco andare fisicamente nel Sud, mentre a casa si mangia più spesso il ragù del Nord, detto dalla gente del Sud "alla bolognese". E comunque a casa nel ragù del Nord mettiamo la passata fatta in casa del Sud, e ci dotiamo di pane pugliese fresco per la fetta di antipasto e per la scarpetta finale. Se si rispettano questi piccoli accorgimenti, allora il ragù per me resta una forma d'arte, che sia cucinato alla maniera settentrionale o meridionale.
E in ogni caso rivedo mia nonna intenta a cucinare con addosso il suo grembiule a fiori.


Lo sentite il profumo di ragù che aleggia nell'aria? Preparate un pezzo di pane per la scarpetta!


Foto di Dennis Klein- Unsplash

TRAVEL & FOOD: IL GULASH UNGHERESE

by 4:03 PM



A febbraio ho fatto un viaggio in Ungheria, a Budapest.
Una città splendida, che ha stravolto le mie aspettative. Me l'aspettavo "fredda", invece mi ha donato un calore unico, dato dalle persone che ci abitano, dai palazzi sfarzosi e dalla magia di un castello...

Paese che vai cibo che trovi.
Ed infatti, subito subito la prima sera, mi sono fiondata a mangiare il tipico Gulash Ungherese.
Pensavo di trovarmi nel piatto il tipico gulash che ho sempre mangiato tra Alto Adige e Austria, e invece...
Quanto mi piace sbagliarmi e innamorarmi di piatti nuovi che trovano un motivo per sorprendermi.

La parola gulash deriva da goulya che significa mandria di bovini.
Una zuppa liquida fatta con la carne di bue che i mandriani, appunto, preparavano dentro ad una grande pentola messa sul fuoco a legna, all'aperto, mentre trasportavano il bestiame attraverso la pianura Ungherese fino ai mercati.
Un piatto ricco e caldo, per superare le fredde serate sotto le stelle. Mi piace molto questa immagine: il fuoco che fa scricchiolare la legna sotto un tetto di puntini luminosi e il (me lo immagino bello eh) bellimbusto mandriano che prepara con la camicia arrotolata fino ai gomiti la zuppa.
Ma spazziamo via l'immagine, per dirvi come ho preparato io il gulash qualche settimana fa, ovviamente nessun fuoco scoppiettante ma una bella pentola a pressione....addio romanticismo!
La ricetta è più o meno come l'originale, mettete in conto che sono una pasticciona e che ci metto sempre un po' di mio (il caso)...come nei viaggi!

Ingredienti

Carne di bovino tagliata a pezzetti
Una cipolla bella grossa, per piangere un po' e per dare sapore
Due tre pomodori maturi
Un peperone giallo e uno rosso (così per dare colore, se sono verdi va bene comunque)
Due tre carote
Due tre patate
Qualche seme di cumino
Vino rosso (buono, che poi finirai con il gulash in tavola)
Paprika (rigorosamente comprata in Ungheria...dai scherzo la trovate anche qui!). La ricetta originale dice di abbondare, io ho abbondato, ma con effetti collaterali. Quindi mettetene un pochino in meno dell'abbondante!

Per questioni di tempo ( io ne ho sempre poco, non so voi) invece del paiolo di Harry Potter, ho usato la pentola a pressione. Io non la amo, perché secondo la mia fervida immaginazione potrebbe scoppiare da un momento all'altro, ma devo dire che dimezza puntualmente il tempo di cottura.
Quindi, fate soffriggere la cipolla sminuzzata pensando ad un libro drammatico così vi sentirete più a vostro agio, sì insomma, avrete un motivo valido per piangere che non sia una cipolla. 
Aggiungete poi la carne a rosolare, il vino e via via tutti gli ingredienti tagliati a dadini (peperoni, patate e carote).
Aggiungete la paprika (abbondate poco eh), il cumino e l'acqua fino al livello di cottura della pentola. Chiudete ermeticamente e sperate che non faccia boom! Hhihiih scherzo. Impostate 20 minuti di cottura.
Se non avete la pentola a pressione potete farlo anche con quella normale, il procedimento è lo stesso, la cottura durerà un'ora circa.
E questo è il risultato finale! Un po' piccante (ho esagerato) ma buonissimo.





Se siete in zona Budapest invece andate ad assaggiarlo al Ristorante Korhely in Liszt Ferenc Ter, è più buono del mio, ma non troppo eh :).



TRAVEL & FOOD: LE SARDE IN SAOR

by 8:13 AM



"Cibo di marinai e scorta da terraferma"


La notte dormo poco e quando mi sveglio o leggo, o penso.
In una di quelle volte che il mio pensiero ha vagato per lande desolate, ho avuto un'illuminazione.

Perchè nel blog non inserisco una pagina dedicata ai cibi scoperti in viaggio? E perché non chiedo anche ai viaggiatori di cucinarli assieme a me?
E così, folle come tutte le mie follie è cominciato questo progetto...stiamo ad osservarlo...


Ovviamente tutti i piatti di cui parlo e che provo a riprodurre parlano di luoghi che ho visitato, che hanno lasciato un'impronta anche attraverso il cibo.
Perchè è così, si viaggia anche per assaggiare quanto di più tipico hanno da offrire i luoghi. Che questo sia dietro l'angolo o dall'altra parte del mondo.

Ed inizio con un piatto che è di casa da sempre, un piatto Veneziano.
A cucinarlo con me una special guest, nonché una cuoca perfetta anche se lei lo nega sempre.
Mia madre.
Mia madre che con me condivide l'amore per i viaggi e che ama spadellare come una volta, come sua madre le aveva insegnato.

In casa sua in questo periodo c'è il calore della stufa e il profumo che la legna emana scricchiolando tra le faville.
E ovviamente la usa ancora per cucinare....

Le Sarde in saor

In Veneziano si chiamano sardee, ed è un pesce azzurro che il mare Adriatico ha sempre offerto ai pescatori. Nella cucina veneziana che poi si è sparsa in tutto il veneto le sarde in saor sono un antipasto di pesce e cipolle in agrodolce.
Eh lo so, detto così è un po' riduttivo.
Ma so per certo che chi le assaggia la prima volta non può che rimanerne estasiato.
Se poi il pesce e la cipolla non sono i vostri ingredienti preferiti, sono un altro paio di maniche.

Una volta non c'erano i frigoriferi e conservare gli alimenti era complicato, quindi ci si ingegnava come si poteva a mantenerli in condizioni ottimali il più a lungo possibile. Lo stesso valeva per i pescatori che stavano in mare parecchi giorni. Così è nata questa povera, ma ricca di sapore, ricetta; un piatto che si manteneva a lungo, e ancora oggi è più gustoso un giorno o due dopo la sua preparazione.
Saor significa sapore...immaginatene il gusto!



Ingredienti

Sarde fresche: la quantità è soggettiva, da mezzo chilo ad un chilo, sta a voi decidere, tanto comunque non ne rimarrà nessuna. 
Cipolla: tanta, anzi un po' di più di quello che state pensando.
Pinoli e uvetta sultanina: a chi piace, altrimenti vengono buone lo stesso.
Farina
Aceto di vino
Olio di girasole 

Procedimento (per fortuna c'era mia mamma eh!)

Se non l'ha fatto il pescivendolo, le sarde le dovete pulire voi. Può fare schifo, ma se le volete mangiarle senza la testa e le interiora è l'unica soluzione.
Disponetele poi sopra un tagliere o un piatto e infarinatele.
Scaldate in una padella due dita di olio (anche un po' di più, insomma ste sarde devono galleggiare e friggere) e tuffatele dentro quando è super caldo.
Quando un lato è dorato, giratele e poi mettetele sopra alla carta assorbente.
Dopo aver tagliato una quantità super abbondante di cipolla piangendo il dovuto necessario che neanche a leggere di Mr. Darcy ed Elizabeth scenderebbero lacrime così, mettetele ad appassire in una padella con dell'olio a piacere, aggiungendo in seguito l'aceto (circa il peso delle cipolle), i pinoli e l'uvetta sultanina. 
Prendete infine una terrina e disponete a strati le sarde e le cipolle, abbondando con quest'ultime ovviamente che serviranno a sigillare il tutto.
Mettete un peso sopra, lo so che fa un po' ridere, ma serve per compattare il tutto. Un piatto con un vaso da miele da un kg per esempio...
Aprite il frigo posizionatele in un ripiano a caso e non tiratele fuori per almeno 24 ore, se sono 48 ancora meglio.

Buon appetitoooooo!!



A Venezia le potete gustare come cichetti in molti bacari o come antipasto nelle osterie e nei ristoranti (ma nei ristoranti turistici vi sconsiglio vivamente di andare!).

La foto con mia mamma la prossima volta, promesso.






TRAVEL&FOOD, IL MIO NUOVO PROGETTO

by 5:46 PM



Post breve breve per introdurre un mio nuovo progetto per il blog!
Una nuova sessione che avrà il nome di Travel & Food.


Che importanza date al cibo che mangiate in viaggio?

A volte per me vale il viaggio stesso. Mi capita di ricordare luoghi e dire: " Ci ritornerei anche solo per mangiare quel piatto..."

Da qui nasce il mio nuovo progetto, che mi e vi porterà a spasso per il mondo restando in cucina di casa mia.
Cucinerò una volta al mese un piatto che è stato protagonista dei miei viaggi in giro per il mondo.
Lungi da diventare uno chef o una food blogger, ho avuto negli anni come maestra di cucina una donna speciale, mia mamma, che mi ha insegnato qualche tecnica per non bruciare tutto e per non comprare cibo già pronto!

Racconterò nel blog dei piatti che cucinerò nella mia super (ne vado fiera) cucina e descriverò le loro origini, il posto dove li ho mangiati, e altre curiosità.
I sapori dal mondo intero (quello che ho visto eh) ma anche dalla bella Italia, regione per regione!

Giuro che farò un sacco di pasticci, che ci metterò giorni a trovare gli ingredienti giusti, e giuro che mangerò quello che riuscirò a produrre!
Tutto con una buona dose di ironia, di sbadataggine e un po' di cose fatte a caso come piacciono a me!
Ovviamente tutti i consigli del caso sono ben accetti, tipo su come non tagliarsi un dito con il coltello e cose simili: vi prometto che farò del mio meglio.




Ma non finisce qui.
Visto che si parla sempre di credibilità e di provato per voi vi invito a venire a mangiare da me un piatto speciale, un piatto dal mondo, che ovviamente cucineremo assieme!

Amici, amici blogger, miei lettori, se passate per Padova o ci abitate, venite che pasticciamo ci cimentiamo ai fornelli, magari con il piatto che ha reso indimenticabile il vostro viaggio...che dite? Dai scrivetemi!

Vi aspetto numerosi :)

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